L’aggiornamento del bollettino della sorveglianza Seieva, gestito dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss), ha riportato un significativo aumento dei casi di epatite A in Italia nel primo semestre del 2025. Questo incremento, che si inserisce in un contesto europeo più ampio, è legato a modalità di trasmissione sessuale e al consumo di alimenti contaminati, in particolare frutti di mare e frutti di bosco. La sorveglianza ha anche evidenziato un aumento dei casi di epatite E, mentre le segnalazioni di epatite B hanno mostrato un calo. La situazione per l’epatite C rimane sostanzialmente stabile.
Caratteristiche dell’epatite A
L’epatite A ha un periodo di incubazione che varia da 15 a 50 giorni e, nella maggior parte dei casi, il decorso della malattia è benigno e autolimitante. È importante sottolineare che molte infezioni risultano asintomatiche, specialmente nei bambini e durante le epidemie. Tuttavia, esistono anche forme più gravi, che possono manifestarsi in modo fulminante e avere esiti fatali. Secondo i dati forniti dall’Iss, la mortalità associata all’epatite A varia dallo 0,1% allo 0,3%, ma può arrivare fino all’1,8% negli adulti oltre i 50 anni. I sintomi tipici comprendono febbre, malessere, nausea, dolori addominali e ittero, accompagnati da un incremento delle transaminasi e della bilirubina. È interessante notare che molte infezioni, soprattutto se contratte in giovane età, rimangono asintomatiche. La maggior parte dei pazienti guarisce completamente, senza diventare portatori cronici del virus A. La trasmissione avviene attraverso la via oro-fecale, con il virus presente nelle feci fino a una settimana dopo l’insorgenza dei sintomi.
Distribuzione dei casi di epatite A in Italia
Nel periodo dal 1 gennaio al 30 giugno 2025, sono stati registrati 247 casi di epatite A in Italia, un aumento significativo rispetto ai 159 casi dello stesso periodo del 2024 e ai 105 del 2023. Le regioni con il maggior numero di segnalazioni includono la Lombardia (18,6%), l’Emilia Romagna (16,6%) e il Lazio (15,8%). La maggior parte dei casi riguarda uomini (64%), con la fascia d’età più colpita compresa tra i 35 e i 54 anni, con un’età mediana di 37 anni. Sono stati documentati anche 29 casi pediatrici sotto i 14 anni. Il principale fattore di rischio identificato è il consumo di frutti di mare (47,1%), seguito dai viaggi in aree endemiche e dal consumo di frutti di bosco. Un dato allarmante è l’aumento dei casi tra uomini che hanno rapporti sessuali con uomini, che rappresentano il 29,8% delle segnalazioni, rispetto all’11,4% del 2024. Maria Elena Tosti, del Centro Nazionale per la Salute Globale dell’Iss, ha evidenziato l’importanza di una sorveglianza attenta e di misure preventive, come la vaccinazione per i contatti a rischio.
Situazione delle epatiti B e C in Italia
Per quanto riguarda l’epatite B, sono stati segnalati 72 casi tra gennaio e giugno 2025, in netto calo rispetto ai 106 dello stesso periodo del 2024. La maggior parte dei casi riguarda uomini (77,8%), tutti sopra i 18 anni, con un’età mediana di 55,5 anni. Le regioni con il maggior numero di segnalazioni sono l’Emilia Romagna (22,2%), la Lombardia (19,4%) e il Lazio (15,3%). Il principale fattore di rischio identificato è rappresentato dalle cure odontoiatriche (42,4% dei casi), seguito da trattamenti estetici e esposizioni sessuali a rischio. Nel primo semestre del 2025, i casi di epatite C sono rimasti pressoché stabili, con 25 segnalazioni rispetto ai 27 dello stesso periodo dell’anno precedente. La maggior parte dei casi proviene dalla Lombardia e dall’Emilia Romagna, con un’età mediana di 48 anni. La trasmissione nosocomiale è stata identificata come il principale fattore di rischio.
Nei primi sei mesi del 2025, i nuovi casi di epatite E segnalati sono stati 60, un incremento rispetto ai 37 dello stesso periodo del 2024. Le segnalazioni provengono principalmente da Abruzzo e Lazio, con un’età mediana di 59 anni. I dati indicano che il 58,5% dei casi ha riportato il consumo di carne di maiale, mentre solo il 63,7% dei casi di epatite acuta è stato testato per l’epatite E, suggerendo che i casi diagnosticati potrebbero rappresentare solo una parte del totale effettivo.
