La lady Macbeth di Šostakovič: trionfo dell’antibelcanto nell’opera moderna

Rosita Ponti

Dicembre 8, 2025

A cinquant’anni dalla scomparsa di Dmitrij Šostakovič, la riedizione della sua opera controversa, Lady Macbeth nel Distretto di Mcensk, ha rappresentato non solo un tributo al compositore, ma ha anche riaffermato la sua essenza di opera complessa e provocatoria. Non si tratta di “bel canto” né di melodramma romantico; assente è ogni traccia di arie o romanze. La prima rappresentazione ha suscitato un mix di emozioni, ma si è conclusa con un successo unanime e undici minuti di applausi, senza contestazioni significative, grazie all’eccellente qualità musicale.

La critica e l’esecuzione di Riccardo Chailly

La critica ha riconosciuto all’unanimità il valore dell’esecuzione diretta da Riccardo Chailly, il quale ha guidato l’orchestra in quella che è stata la sua ultima inaugurazione come direttore musicale. Chailly ha ricevuto applausi calorosi per la sua interpretazione vibrante e impeccabile della partitura originale del 1934. La sua audacia nel presentare un’opera così scomoda è stata elogiata, con la musica definita capace di far tremare il potere e di colpire come un pugno allo stomaco. La direzione di Chailly ha restituito l’aggressività e l’innovazione necessarie, rendendo l’opera attuale e una cronaca piuttosto che una semplice finzione.

Il cast e l’interpretazione di Sara Jakubiak

Il cast, composto da specialisti, ha garantito la credibilità vocale e drammatica richiesta. In particolare, Sara Jakubiak, nel ruolo di Katerina, è stata acclamata per aver interpretato un’anti-Lady Macbeth, una donna vittima delle circostanze sociali piuttosto che un’assetata di potere, in cerca di uno spazio vitale per respirare. Gli interpreti hanno saputo trasmettere la crudezza della storia, caratterizzata da tempeste erotiche, tradimenti, corruzione e violenza senza redenzione, che hanno scosso il pubblico presente.

La messa in scena di Vasily Barkhatov

La messa in scena, curata dal regista Vasily Barkhatov, ha suscitato opinioni contrastanti. Al suo debutto al Teatro alla Scala, Barkhatov ha presentato una visione ambientata nella Russia degli anni Cinquanta, con scenografie post-costruttiviste e Art Déco sovietica, definita visionaria e imponente. La rappresentazione ha trasformato il teatro in un deserto nel finale del lager.

Barkhatov ha adottato una narrazione in forma di romanzo criminale, utilizzando flashback per rendere la storia cinematografica e contemporanea. Tuttavia, alcune scelte audaci, come la scena d’amore brutale e un finale alternativo, hanno provocato reazioni forti in loggione. L’omicidio-suicidio di Katerina e Sonetka, consumato in un abbraccio di fuoco, ha rappresentato un momento di estrema durezza e grande impatto emotivo. Nonostante le critiche, l’evento è stato celebrato come una manifestazione coraggiosa e un trionfo musicale che dimostra la capacità della Scala di dialogare con la storia e con il presente.

L’estetica dell’antibelcanto

L’opera si distacca dal panorama belcantistico tipico del melodramma, una sfida che il pubblico scaligero sembra aver accolto. Si tratta di un titolo impegnativo per una prima alla Scala, e alcune opinioni negative sono giunte dal Loggione. La musica non celebra la bellezza lirica, ma funge da strumento per un racconto crudo e brutale, dove il verbale dell’arresto dei due protagonisti costituisce il canovaccio della narrazione. La musica diventa così la colonna sonora che sostiene, e spesso guida, la trama.

Katerina: l’eroina tragica che agisce

Uno degli aspetti più rivoluzionari di Lady Macbeth nel Distretto di Mcensk è il completo capovolgimento del melodramma tradizionale. Gli stereotipi vengono sovvertiti, in particolare nella figura di Katerina Izmajlova, che appare sia vittima che carnefice. Katerina è un’eroina tragica che non intende perdere l’amore di Sergej. A differenza della Lady Macbeth shakespeariana, che manipola il marito, Katerina agisce direttamente, eliminando chi ostacola la sua passione. La sua determinazione è feroce: “Voglio che tu diventi mio marito e nessuno mi fermerà. Chi si è messo di mezzo, come Boris, è stato eliminato”.

Il momento di dolcezza musicale si verifica dopo l’assassinio di Boris, il suocero, quando i due amanti, in un breve intervallo di tenerezza, si trovano costretti a commettere un ulteriore delitto: l’omicidio del marito di Katerina, che scopre la verità e viene soffocato.

I rimandi all’opera romantica

Elementi sovrannaturali, come il fantasma di Boris, che appare a Katerina similmente al fantasma di Banquo in Macbeth, e l’intervento del coro, segnano l’inizio della discesa verso la pazzia e il castigo. Sergej, oggetto della passione di Katerina, si rivela un antieroe, simile a un Duca di Mantova donnaiolo, che tradisce Katerina durante la loro deportazione in Siberia dopo la condanna. La sua condotta si contrappone alla fedeltà romantica di Des Grieux, che segue Manon nelle Americhe, amandola fino alla morte di lei. Il coro dei deportati che chiude l’opera è interpretato da alcuni critici come un “va pensiero” riguardo alla condizione di uomini e donne allontanati dalla società russa.

L’epilogo

Nel finale dell’opera, Katerina affronta la consapevolezza dei delitti commessi. La sua scelta di morire non è solitaria, ma vendicativa, portando con sé nell’abisso Sonetka, colei che le ha sottratto l’ultima ragione di vita. Questo atto finale, in cui donna uccide donna, infrange non solo lo spirito dell’amore romantico, ma ogni forma di solidarietà, punendo Sergej, il suo seduttore e traditore, con l’ultimo omicidio. L’opera si chiude così con una condanna totale, privando il melodramma di ogni possibile redenzione romantica a favore di un realismo brutale e spietato.

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