Il 12 dicembre 2025 ha segnato l’inizio dell’ultimo grande evento dell’Anno Santo, dedicato ai detenuti, che si concluderà oggi. La celebrazione culminerà con una messa officiata da Papa Leone XIV presso la Basilica di San Pietro. La scelta di focalizzarsi sulla condizione di chi vive in carcere si colloca in un periodo significativo, a ridosso delle festività natalizie, e si ricollega al tema del Giubileo, “Pellegrini di speranza: vivere e annunciare la misericordia“. Questa iniziativa è stata fortemente voluta da Papa Francesco, che ha aperto la Porta Santa anche nel carcere di Rebibbia.
La chiesa e la misericordia verso i detenuti
La Chiesa ha sempre mostrato un particolare interesse per la condizione dei detenuti, considerata una delle opere di misericordia corporale. La figura di San Pietro, che sperimentò la prigionia nel carcere Mamertino, simboleggia l’impegno della Chiesa verso le persone private della libertà . Le visite dei Pontefici ai carcerati hanno avuto inizio con Giovanni XXIII e sono continuate con Giovanni Paolo II, dimostrando un continuo interesse per la situazione delle carceri.
Recentemente, una riunione programmata presieduta da mons. Rino Fisichella, insieme a don Raffaele Grimaldi, Ispettore generale dei cappellani delle carceri, si è tenuta presso il Dicastero per l’Evangelizzazione. L’incontro ha visto la partecipazione anche del Garante Nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, Irma Conti. In questo contesto, è emersa l’emergenza carceraria, con quattro decessi avvenuti nelle ultime 48 ore.
Emergenza carceraria e appelli al governo
La situazione nelle carceri italiane è drammatica. Una donna è morta per overdose nel carcere femminile di Rebibbia a Roma e un’altra è stata ricoverata in ospedale. Un uomo si è suicidato a Viterbo, mentre un altro ha compiuto lo stesso gesto nel carcere di Lecce. Un 45enne di Formia è deceduto a Tor Vergata dopo un lungo coma a causa di un pestaggio subito mentre era detenuto a Rebibbia.
Questi eventi hanno spinto il Vaticano a lanciare un appello urgente per considerare alternative alla detenzione, richiamando le parole di Papa Francesco sulla necessità di misure di clemenza e amnistia. “Ho appreso della morte di una donna nel carcere di Rebibbia proprio mentre con diversi magistrati avevamo iniziato un convegno sulle carceri. Abbiamo osservato un minuto di silenzio anche per una riflessione”, ha affermato monsignor Rino Fisichella. La richiesta è chiara: “Almeno in questo anno giubilare, si possano spalancare prospettive che portino a ciò che Papa Francesco chiedeva: forme di amnistia e liberazione”.
Il ruolo delle istituzioni e il dibattito politico
L’appello del Vaticano ha trovato sostegno anche nelle parole del Garante regionale Stefano Anastasìa, che ha denunciato la condizione di disperazione all’interno delle carceri e ha esortato il governo a non rimanere in silenzio. “La responsabilità politica del ministero della Giustizia non può rimanere inascoltata. Intanto, la gente muore e non si vedono segni di speranza”, ha dichiarato Anastasìa, evidenziando la necessità di riportare la questione carceraria al centro del dibattito pubblico.
Nel 2025, i decessi in carcere hanno già raggiunto quota 223, di cui 76 suicidi. In Lazio, i morti sono 19, con un tasso di affollamento del 149% e punte del 177% a Viterbo. Nella sezione femminile di Rebibbia, ci sono 370 detenute su 249 posti disponibili.
Sul fronte politico, la questione carceraria ha riacceso il dibattito, con il presidente del Senato Ignazio La Russa che ha proposto un mini-indulto per alcuni reati, proposta però bloccata dal governo. Anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, durante una visita al carcere di Rebibbia, ha sottolineato l’importanza di valorizzare il ruolo degli istituti penitenziari per garantire prospettive di recupero e rinascita, evidenziando che in molti casi le condizioni sono inaccettabili.
La questione dell’emergenza carceraria rimane aperta, con un crescente bisogno di azioni concrete e misure urgenti.
La voce della chiesa: speranza e fragilitÃ
Il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza Episcopale Italiana (Cei), ha espresso la sua preoccupazione per la situazione dei detenuti e dei malati, sottolineando come a molti non venga data speranza. Intervenendo in videocollegamento ad Atreju, Zuppi ha messo in evidenza i diritti dei detenuti e l’importanza delle cure, anche palliative, per chi ne ha bisogno.
“La Chiesa è parte di un’alleanza sociale indispensabile per dare speranza a chi ne è privo”, ha affermato Zuppi, evidenziando come il Giubileo, voluto da Papa Francesco, si focalizzi sul tema della speranza. La sua riflessione si concentra sulla necessità di riconoscere e affrontare le fragilità degli anziani e le disuguaglianze nella cura.
La sfida è quella di costruire un futuro in cui ogni individuo, detenuto o malato, possa trovare un motivo per sperare e un’opportunità di riscatto.
