Circa il 10% dei partecipanti con disturbo cognitivo lieve (Mild Cognitive Impairment, Mci) coinvolti nello studio europeo Ai-Mind ha mostrato un avanzamento verso forme di demenza nel corso di 24 mesi. Allo stesso tempo, circa il 20% ha evidenziato un significativo declino cognitivo rispetto al punto di partenza, pur rimanendo nella categoria di Mci. Questi dati preliminari sono stati presentati a Roma il 15 marzo 2025, durante l’Assemblea generale del progetto Artificial Intelligence Mind, organizzata dall’IRCCS Roma, dall’Università Cattolica del Sacro Cuore, dall’IRCCS Fondazione Policlinico Gemelli e dalla start-up accademica Neuroconnect.
Analisi del disturbo cognitivo lieve
Il professor Paolo Maria Rossini, direttore del Dipartimento di Neuroscienze e Neuroriabilitazione dell’IRCCS San Raffaele di Roma, ha spiegato che il disturbo cognitivo lieve rappresenta una fase intermedia tra il normale invecchiamento cerebrale e le degenerazioni patologiche tipiche delle demenze. Rossini ha sottolineato che, sebbene il rischio di sviluppare demenza aumenti significativamente, solo una percentuale compresa tra il 30% e il 50% dei soggetti con Mci mostra una reale progressione nel tempo. Questo aspetto evidenzia la necessità di un monitoraggio attento e di strategie di intervento mirate.
Il progetto Ai-Mind, avviato nel 2021 e finanziato dalla Commissione Europea con un budget di circa 14 milioni di euro nell’ambito del programma Horizon 2020, coinvolge 15 partner provenienti da 8 Paesi europei e oltre 100 ricercatori tra neurologi, geriatri, bioingegneri e statistici. In Italia, oltre 950.000 persone presentano una condizione di Mci, mentre in tutta Europa si stima che il numero superi i 10 milioni. Rossini ha enfatizzato l’importanza di identificare precocemente i soggetti a rischio di sviluppare demenza all’interno di questa popolazione.
Metodologia dello studio
Tra il 2021 e il 2023, i partecipanti allo studio, con oltre 275 soggetti provenienti dall’Italia, sono stati sottoposti a valutazioni neuropsicologiche, genetiche e strumentali. Queste valutazioni hanno incluso l’analisi dei biomarcatori plasmatici dell’amiloide e un elettroencefalogramma ad alta densità, con ripetizioni ogni 8 mesi durante il follow-up. Rossini ha evidenziato che uno degli aspetti più interessanti riguarda le differenze riscontrate tra le popolazioni del Nord Europa e quelle dell’area mediterranea, che possono influenzare la diagnosi precoce.
Le differenze geografiche si manifestano non solo nei profili di rischio genetico, come la presenza della variante Apoe ε4, ma anche nei livelli di biomarcatori associati a processi neurodegenerativi. Queste osservazioni suggeriscono che, oltre alla genetica, fattori come l’istruzione e le pratiche cliniche dei vari sistemi sanitari giocano un ruolo cruciale nella diagnosi e nella gestione del Mci.
Implicazioni future e importanza della diagnosi precoce
Rossini ha messo in evidenza l’importanza di armonizzare le procedure diagnostiche a livello europeo per garantire una diagnosi precoce e accurata delle malattie neurodegenerative. La mole di dati raccolti nel progetto Ai-Mind, che include informazioni socio-demografiche, cliniche e biologiche, sarà analizzata attraverso algoritmi avanzati di intelligenza artificiale. L’obiettivo è identificare caratteristiche specifiche in grado di individuare con precisione i soggetti ad alto rischio di sviluppare demenza, in particolare la malattia di Alzheimer.
Questa iniziativa rappresenta un passo significativo verso una migliore comprensione e gestione delle malattie neurodegenerative, contribuendo a migliorare la qualità della vita dei pazienti e delle loro famiglie. I risultati ottenuti fino ad ora offrono spunti promettenti per futuri sviluppi nella diagnosi e nel trattamento del disturbo cognitivo lieve e delle sue conseguenze.
