Pil, Istat: persistente divario economico tra Sud e Centro-Nord

Rosita Ponti

Dicembre 22, 2025

Nel 2024, il Nord-ovest dell’Italia si distingue come l’area con il più alto prodotto interno lordo (Pil) per abitante, raggiungendo un valore nominale di 46,1mila euro, in crescita rispetto ai 45mila euro del 2023. Seguono il Nord-est, con un Pil di 43,6mila euro (rispetto ai 42,8mila euro dell’anno precedente), e il Centro, che si attesta a 40mila euro (da 39mila euro). Il Mezzogiorno continua a trovarsi all’ultimo posto, con un Pil per abitante di 24,8mila euro, rispetto ai 24mila euro del 2023.

Le differenze regionali rimangono sostanzialmente invariate. Nel 2024, il Pil per abitante del Centro-Nord è stato calcolato a 1,75 volte quello del Mezzogiorno, con una differenza assoluta di 18,7mila euro rispetto ai 18,6mila euro del 2023. Questi dati emergono dal report “Conti Economici Territoriali” per gli anni 2022-2024, pubblicato dall’Istat.

Analisi del Pil per abitante nelle regioni italiane

La classifica regionale evidenzia la Provincia autonoma di Bolzano al primo posto, con un Pil per abitante di 61,6mila euro. Seguono la Lombardia, con 50,4mila euro, la Provincia autonoma di Trento con 47,8mila euro e la Valle d’Aosta, che raggiunge 47,7mila euro. Nel Nord-ovest, la crescita complessiva dell’input di lavoro è stata principalmente sostenuta dai settori dell’Agricoltura, silvicoltura e pesca, che hanno registrato un incremento del 2,7%, e dai Servizi, con un aumento del 2%.

Il settore delle Costruzioni ha mostrato una stabilità nel numero di occupati, con un incremento marginale dello 0,1%, mentre a livello nazionale si è registrato un aumento del 3,8%. L’Industria ha visto una crescita modesta del 0,7%. Nel Nord-est, l’occupazione è stata sostenuta dalla crescita nei settori delle Costruzioni e dell’Industria, con aumenti rispettivamente del 3,7% e dell’1,1%. In Agricoltura, la diminuzione dell’occupazione è stata limitata a un -0,5%, mentre i Servizi hanno visto un incremento dello 0,6%. Nel Centro, l’occupazione è aumentata soprattutto nel settore delle Costruzioni, con un +4,3%, mentre i Servizi e l’Industria hanno registrato aumenti rispettivamente dell’1,9% e dello 0,8%. L’Agricoltura, invece, ha mostrato una diminuzione del -1,5%.

Il peso dell’economia non osservata

L’Istat ha anche analizzato il fenomeno dell’economia non osservata, che nel Mezzogiorno risulta avere un’incidenza maggiore. Nel 2023, l’ultimo anno per cui sono disponibili dati, l’economia non osservata ha rappresentato in Italia l’11,3% del valore aggiunto complessivo. Le componenti più significative sono la sotto-dichiarazione dei risultati economici delle imprese, che ha inciso per il 6%, e l’impiego di lavoro irregolare, pari al 4%. L’economia illegale, le mance e il valore dei fitti in nero hanno contribuito per un 1,7%. L’incidenza sul Pil è aumentata leggermente rispetto al 2022, raggiungendo il 10,2%.

Nel Mezzogiorno, l’economia non osservata pesa per il 16,5% del valore aggiunto, seguita dal Centro con un 11,8%. Nel Nord-est e nel Nord-ovest, questa incidenza è più contenuta, rispettivamente 9,3% e 8,9%. Le diverse componenti dell’economia non osservata mostrano una rilevanza variabile a livello territoriale. In tutte le regioni prevale l’incidenza della sotto-dichiarazione, mentre l’impiego di lavoro irregolare è particolarmente elevato nel Mezzogiorno, con un 6,5%. Nel Centro, l’incidenza si attesta al 4%, mentre nel Nord-est e nel Nord-ovest è inferiore di circa un punto percentuale, rispettivamente 3,1% e 3%.

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