L’allargamento dell’Unione Europea: una scelta geopolitica cruciale per il futuro

Rosita Ponti

Novembre 4, 2025

Oggi, l’Unione Europea ha reso pubblica la sua valutazione dei Paesi candidati, analizzando i progressi compiuti nel loro percorso verso l’adesione. La situazione attuale è particolarmente critica, con eventi significativi che coinvolgono la Georgia, l’Ucraina e i Balcani occidentali, in particolare la Serbia, dove le manifestazioni contro il governo di Aleksandar Vučić si intensificano.

La Commissione Europea ha esaminato lo stato delle riforme nei seguenti Paesi candidati: Albania, Bosnia Erzegovina, Georgia, Macedonia del Nord, Moldavia, Montenegro, Serbia, Turchia e Ucraina. Oggi, l’attenzione non si concentra solo sui progressi tecnici, ma anche sulla capacità dell’Unione di garantire un futuro europeo credibile per queste nazioni.

Progressi e obiettivi ambiziosi

Analizzando i risultati, alcuni Paesi stanno dimostrando un notevole slancio. Il Montenegro si distingue come il candidato più promettente, con l’obiettivo di chiudere tutti i capitoli di negoziazione entro la fine del 2026 e di preparare il trattato di adesione. Se tutto procederà secondo i piani, l’ingresso nell’Unione potrebbe avvenire già nel 2028. L’Albania, dal canto suo, punta al 2029 per la propria adesione, con il primo ministro che ha fissato la scadenza per la chiusura dei capitoli entro la fine del 2027. Nonostante alcuni ritardi in ambiti come l’agricoltura e la coesione, l’agenda albanese è ambiziosa e finora rispettata. Nel frattempo, Ucraina e Moldavia hanno registrato nell’ultimo anno un significativo progresso nei loro adeguamenti tecnici, tanto da essere pronte a iniziare i negoziati formali nei prossimi mesi.

Criticità e sfide emergenti

Nonostante i progressi, la situazione presenta anche delle criticità. Per la Macedonia del Nord, il processo di adesione ha subito un arresto a causa dell’insediamento di un governo nazionalista che ha rifiutato di affrontare le questioni relative alla minoranza bulgara e ha adottato una retorica più aggressiva nei confronti dell’Unione. La Bosnia Erzegovina, pur essendo formalmente candidata, si trova di fronte a un ostacolo istituzionale significativo: l’accordo di Dayton ha creato una struttura complessa che ostacola le riforme necessarie per l’adesione. La Serbia, pur dichiarando l’intenzione di avvicinarsi all’Unione, mostra segnali di arretramento su questioni fondamentali come democrazia e libertà, secondo quanto riportato dalla Commissione. Il presidente Aleksandar Vučić si trova a dover prendere decisioni strategiche tra l’alleanza con l’Unione Europea e quella con la Russia, ma i segnali attuali suggeriscono divergenze crescenti.

Il fattore interno e il rischio di paralisi

Un problema cruciale non è solo quello esterno, ma anche le dinamiche interne all’Unione. Il veto del premier ungherese Viktor Orbán sta ostacolando l’apertura dei capitoli per Ucraina e Moldavia, minando il principio dell’allargamento “sul merito” e riducendo gli incentivi per le riforme. In risposta a questa impasse, la Commissione sta considerando un percorso tecnico informale per continuare i lavori con questi Paesi, ma senza un chiaro segnale politico, si rischia di lasciare spazio alla Russia nei Paesi che si sono distinti per le loro aspirazioni europee. Per la Moldavia, ad esempio, la presidente Maia Sandu ha dichiarato l’intenzione di chiudere tutti i capitoli entro il 2028; se l’Unione non manterrà le sue promesse, perché i cittadini moldavi dovrebbero continuare a sostenere un presidente pro-europeo?

Verso un’Unione Europea rinnovata

L’Unione Europea si prepara a un allargamento che non si limiterà a un semplice incremento numerico dei membri, ma richiederà una reale capacità istituzionale di integrazione. La Commissione sta valutando l’implementazione di strumenti come l’integrazione graduale nei programmi di difesa, area SEPA, roaming ed energia, per fornire benefici tangibili anche prima dell’adesione. Si stanno considerando clausole nei trattati che potrebbero prevedere rinunce giuridiche al veto o periodi di prova per i nuovi membri, per evitare situazioni in cui alcuni Paesi non rispettano lo Stato di diritto. Allo stesso modo, l’uso delle “clausole passerella” potrebbe facilitare il passaggio dal voto all’unanimità a quello a maggioranza qualificata in determinati settori, senza necessità di una riforma complessiva dei trattati. Se l’Unione non riuscirà a rinnovarsi internamente e a prepararsi adeguatamente per l’adesione dei nuovi membri, rischia di compromettere la propria credibilità a livello globale.

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