Accoltellamento a Milano: il verdetto del 2024 su Lanni e la sua libertà

Rosita Ponti

Novembre 5, 2025

Vincenzo Lanni, attualmente detenuto per aver accoltellato una donna nel centro di Milano, rappresenta una figura controversa nel dibattito sulla giustizia e sulla salute mentale. Questo uomo, che in passato aveva già scontato una pena per due accoltellamenti avvenuti nel 2015, si trovava in un percorso di reinserimento dopo aver scontato una condanna di otto anni. La sua storia si intreccia con le misure di sicurezza e le strutture psichiatriche, sollevando interrogativi sulla gestione di soggetti ritenuti pericolosi.

Il passato criminale di Vincenzo Lanni

Il 20 agosto 2015, Lanni colpì due anziani, Antonio Castelletti e Luigi Novelli, rispettivamente di 82 e 80 anni, ad Alzano Lombardo e Villa di Serio, nei pressi di Bergamo. La sua motivazione, rivelata in un’intervista, fu inquietante: “Volevo uccidere perché sono un fallito”. Questa dichiarazione portò a una condanna di otto anni di reclusione, accompagnata da tre anni di terapia in una struttura psichiatrica. Dopo aver scontato un anno di carcere in attesa di giudizio, Lanni trascorse un totale di quattro anni e mezzo in diverse carceri, tra cui Bergamo, Opera e Bollate.

Nel maggio 2020, dopo aver scontato tre anni e mezzo, si sarebbe dovuto trasferire in una Residenza per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza (Rems). Tuttavia, a causa della mancanza di posti disponibili, il giudice optò per una misura di sicurezza di tre anni nella comunità 4Exodus di Varese. Questa decisione sembrava segnalare un percorso di recupero, culminato nel dicembre 2024, quando il Tribunale di sorveglianza dichiarò Lanni non più socialmente pericoloso, revocando così la sua misura di sicurezza.

Il percorso di reinserimento e la libertà

Il Tribunale di sorveglianza, nel dicembre 2024, stabilì che Lanni non fosse più considerato un soggetto pericoloso, consentendogli di tornare in libertà dopo un periodo di affidamento. Tuttavia, la Procura di Milano ha avviato un’indagine per approfondire le circostanze che hanno portato a questa valutazione di non pericolosità.

Dopo la sua liberazione, Lanni decise di continuare il suo percorso di recupero con la comunità 4Exodus, cercando di completare il progetto di accompagnamento verso l’autonomia. Tuttavia, la settimana scorsa, la comunità ha segnalato un comportamento non conforme alle regole, portando alla decisione di interrompere l’accoglienza. Nonostante la proposta di assistenza, Lanni rifiutò di contattare i servizi psichiatrici e abbandonò il supporto offerto. Questo gesto ha sollevato preoccupazioni e interrogativi su un uomo che, dopo anni di trattamento e misure di sicurezza, ha improvvisamente deciso di allontanarsi.

Il dibattito sulle Rems e la salute mentale

L’aggressione avvenuta a Milano ha riacceso il dibattito sulla gestione della salute mentale e sulle strutture di accoglienza per soggetti con disturbi psichici. Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha suggerito la necessità di riconsiderare il sistema attuale, affermando che è fondamentale trovare una “terza via” che garantisca trattamenti adeguati, senza compromettere la sicurezza dei cittadini.

Dall’altro lato, Guido Bertolaso, assessore al Welfare della Regione Lombardia, ha sottolineato che le Rems già esistono come una soluzione intermedia, ma necessitano di potenziamento e finanziamenti adeguati. La questione del personale e delle risorse è cruciale per garantire un funzionamento efficace di queste strutture, che hanno il compito di curare e riabilitare individui con problematiche mentali che hanno commesso reati.

Le Rems e il loro funzionamento

Le Rems, acronimo di Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza, sono strutture sanitarie destinate a persone con disturbi mentali autori di reati. Queste strutture, create dalla legge 81/2014, hanno sostituito gli Ospedali psichiatrici giudiziari, aboliti nel 2013. Il loro obiettivo è fornire assistenza e trattamenti in un contesto non punitivo, con personale sanitario disponibile 24 ore su 24.

L’accesso alle Rems è previsto solo in casi particolari, quando la magistratura stabilisce che è l’unica misura idonea per garantire cure adeguate e affrontare la pericolosità sociale dell’individuo. Tuttavia, l’internamento in queste strutture è temporaneo e deve essere costantemente valutato per assicurare che le esigenze di cura e sicurezza siano rispettate. La questione delle Rems rimane centrale nel dibattito sulla giustizia e la salute mentale in Italia, ponendo sfide e opportunità per il futuro.

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